Legambiente: “La Regione Calabria bocci l’ampliamento della discarica di Scala Coeli. È un progetto fuori dalla storia. Il ciclo dei rifiuti calabrese deve mettere in pratica la nuova direttiva europea sull’economia circolare che archivia la folle logica novecentesca dell’interramento dei rifiuti”
“L’ampliamento della discarica di
Scala Coeli sarebbe un’operazione fuori dalla storia che farebbe tornare
indietro di anni il ciclo dei rifiuti calabrese. La Regione Calabria
deve bocciare questo progetto perché non può non considerare le anomalie
procedurali, la vocazione agricola di quell’area, i vincoli
paesaggistici, gli usi civici, le inadempienze sulle prescrizioni della
precedente Autorizzazione integrata ambientale. Siamo convinti che la
nuova discarica di Scala Coeli, nonostante il rinvio della decisione
alla Conferenza di Servizi del 24 gennaio, non possa superare gli scogli
delle tante violazioni e carenze che il progetto presenta. Carenze e
assenza di pareri che denunciamo con forza e che devono portare a
bocciare il progetto di ampliamento della discarica”. È questo il
commento di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, e di
Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria, sulla vertenza
che vede fortemente impegnato il giovane e combattivo Circolo locale
Nicà dell’associazione già dalla sua nascita.
“Il ciclo dei rifiuti
calabrese deve mettere in pratica la direttiva europea sull’economia
circolare. L’Europa chiede a tutti i Paesi membri e quindi anche
all’Italia di archiviare la stagione delle discariche e degli
inceneritori con la prevenzione, il riuso e il riciclo dei rifiuti
urbani e di quelli speciali, come dimostrano ormai anche diverse realtà
virtuose calabresi. Servono raccolte differenziate domiciliari, impianti
per riciclare i rifiuti, a partire da quelli per l’organico
differenziato con produzione di biometano utilizzabile per cucinare,
riscaldare gli edifici e per l’autotrazione, l’innovazione nei cicli
prodduttivi ed è fondamentale attivare le premialità economiche per chi
produce meno rifiuti. Non si può più perdere tempo su questo fronte. Se
invece iniziamo dall’ennesima mega discarica – concludono Ciafani e
Falcone – assisteremmo al solito film già visto e alla folle logica
novecentesca dell’interramento dei rifiuti, con un nuovo buco che si
riempirà come le precedenti, inquinando i territori che le ospitano e
perdendo per sempre le risorse preziose contenute nei rifiuti domestici e
produttivi”.
I rilievi del Dipartimento ambiente della Regione Calabria
Le carenze e le deficienze emergono dagli atti della Struttura Tecnica
di Valutazione (STV) del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria
che ha emesso parere prot. n. 201946 dell’8 giugno 2018. Innanzitutto a
quel parere facciamo affidamento ritenendo – avendo solo letto il
secondo parere a seguito delle controdeduzioni della ditta proponente –
che le stesse siano insuperabili dal punto di vista progettuale e dai
balzelli interpretativi esposti dai legali della ditta.
Noi partiamo
dal primo assunto della Struttura Tecnica di Valutazione, la proposta
di ampliamento della discarica si configura: “più propriamente come una
nuova discarica attesa la dimensione 12 volte maggiore e la totale
separazione idraulica tra i due invasi. Per dimensioni ed impatti che
vanno considerati ex novo lo studio invece al contrario si basa su
considerazioni che già esiste la discarica (lo dice la STV a pag. 6)”.
Inoltre, non analizza le interferenze tra il progetto ed il contesto
agricolo e gli impatti con il passaggio di animali ed i conseguenti
effetti sulla sicurezza sanitaria.
L’incomprensibile giravolta del Dipartimento agricoltura della Regione Calabria
Questo primo passaggio del Dipartimento Ambiente ci fa riflettere
sull’assunzione di responsabilità e sulla corretta valutazione fatta dal
Dipartimento agricoltura della stessa Regione Calabria allorquando
riformula il proprio dissenso espresso a seguito delle deduzioni di
parte redatte da un agronomo “congruamente motivate dall’asserita
inesistenza dei supposti effetti diretti o indiretti su produzioni
biologiche, DOP, IGP, produzioni tradizionali presenti nella zona di
influenza della discarica di rifiuti pericolosi, paventati in relazione
all’ampliamento della discarica e all’esercizio della stessa”.
Sulla base di quali studi di verifica di impatti tale aspetto sia stato
determinato e tale da riformulare il parere e tramutarlo in parere
positivo è solo un mistero calabrese. A noi tale dato pare confutabile
atteso che l’atteggiamento del Dipartimento appare molto superficiale e
basato solo sulla circostanza che, esistendo delle produzioni agricole
biologiche certificate in presenza dell’attuale discarica, questo ne
dimostri la coesistenza e la nullità di impatto: questo è sorprendente
alla luce degli atti e della realizzazione di fatto di una nuova
discarica 12 volte maggiore dell’attuale ed addirittura con una
contiguità tra produzioni agricole e discarica. Questo nonostante
l’articolo 51 della Legge Urbanistica Regionale (LUR) 19/2002 vieti la
realizzazione della discarica su terreni in contiguità con altri dove si
praticano le coltivazioni biologiche con produzioni agroalimentari
certificate. Allora o siamo in uno stato di diritto oppure ognuno piega
ai propri interessi ed orientamenti pareri ed autorizzazioni.
Cosa dice il Comune su usi civici, destinazione agricola del sito e vincoli paesaggistici?
Ancora nulla si evidenzia circa la sussistenza di usi civici ed appare
paradossale che possa definirsi un iter favorevole allorquando lo stesso
settore Dipartimento agricoltura competente afferma che “l’iter
amministrativo avviato indiscutibilmente non potrebbe essere portato a
compimento nel rispetto dei tempi previsti dalla procedura di indizione
della Conferenza dei servizi e qualora dovrebbe essere provato
l’esercizio del vincolo il Comune, titolare delle terre gravate dal
diritto di uso civico e perciò del patrimonio indisponibile del Comune
stesso, dovrà valutare la possibilità di decidere la sdemanializzazione e
il cambio di destinazione d’uso richiedendone autorizzazione al Settore
1 Usi Civici del dipartimento agricoltura. L’autorizzazione non può
essere conseguita in sanatoria”. Quindi ci pare che in assenza
dell’accertamento della presenza di usi civici l’iter autorizzativo
potrebbe essere inficiato. Per questo ci pare fondamentale che il Comune
di Scala Coeli dichiari se vi sia interesse pubblico alla realizzazione
della discarica o meno.
E’ assurda anche la posizione del Comune
che non dice in maniera chiara che i terreni oggetto della richiesta di
ampliamento della discarica hanno una destinazione urbanistica agricola,
attestata dal certificato n. 36/2015 rilasciato dall’amministrazione
comunale. In effetti il Settore 3 Dipartimento Urbanistica esprime
parere negativo in quanto il progetto è in variante allo strumento
urbanistico vigente del Comune di Scala Coeli e il progetto non è
imprescindibile dalla fase di valutazione sulla compatibilità
urbanistica dell’intervento.
Il Comune di Scala Coeli non può essere
superficiale e disattento rispetto al suo territorio ed agli interessi
della collettività in quanto le sponde dei fiumi e dei torrenti, per
un’estensione di mt. 150 dalle rive, sono tutelate con vincolo
paesaggistico ed il Comune non può dichiarare che l’area di progetto non
ricada in zona vincolata paesaggisticamente ed essere silente rispetto
alla richiesta del Ministero dei beni culturali che richiede di
specificare la distanza tra l’opera in oggetto e i corsi d’acqua
“Carafune Cacciadebiti” e “Vallone Pipino”. Chediamo quindi che in
Conferenza dei servizi si affronti anche il vincolo paesaggistico
invitando a partecipare e ad esprimersi la Sovrintendenza.
Le violazioni delle prescrizioni della precedente Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)
“L’area in oggetto ricade in zona con diverse aste fluviali per le
quali era stata prescritta la sdemanializzazione già in occasione della
precedente valutazione e tali prescrizioni non risultano ancora
adempiute e costituiscono violazione delle condizioni dell’AIA
originaria (pag. 8 della STV)”. Su quanto qui esposto dalla Struttura
Tecnica di Valutazione del Dipartimento Ambiente della Regione chiediamo
gli opportuni adempimenti di legge per violazione delle prescrizioni
della precedente AIA. Atteso che la non sdemanializzazione non consente
di definire la piena disponibilità dell’area di intervento, né della
precedente autorizzazione e la carenza della stessa in seno agli atti
della Conferenza dei servizi, la stessa non può venire autorizzata anche
in virtù di una palese illegalità, nonostante la dichiarazione della
disponibilità dell’area da parte del soggetto proponente.
Come da
nota dell’Agenzia del demanio (prot. n. 2018/11353 del 22/06/2018)
secondo cui “nelle more della definizione della procedura di
sdemanializzazione, la circostanza di utilizzo sine titulo di aree
demaniali può costituire ipotesi di occupazione abusiva di demanio
pubblico” su questo aspetto chiediamo che si faccia chiarezza e se ne
verifichino eventuali violazioni e responsabilità da perseguire.
L’autogol dell’ATO rifiuti di Cosenza e l’impossibile viabilità di accesso al sito
Ancora più assurdo che l’ATO Cosenza (costituita a settembre 2018) non
ha ancora approvato il piano d’Ambito e consideri di valutare la
disponibilità del proponente a rendere utilizzabili le volumetrie per lo
smaltimento dei rifiuti urbani anche alla luce di quanto detto dalla
STV quando a pag. 5 dice che “la discarica in progetto non rientra nella
programmazione regionale dei rifiuti in relazione ai rifiuti
appartenenti al circuito pubblico non essendo prevista nel Piano
Regionale dei Rifiuti”.
A tutto ciò vanno aggiunte le considerazioni
più volte evidenziate sulle criticità della viabilità di accesso per la
gestione dell’esercizio della discarica.